Simulazione di mediazione in giustizia riparativa familiare
- retedefacto
- 11 ore fa
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Conflitto genitori–figlio su scelta educativa e scuola tradizionale
1. Contesto e impostazione metodologica
Il caso riguarda una coppia di genitori, Anna e Roberto, e il loro figlio Tommaso, 14 anni.Tommaso manifesta da tempo un forte disagio nel frequentare la scuola secondaria di primo grado. Rifiuta la logica competitiva, sente che l’ambiente scolastico lo opprime e non risponde ai suoi interessi creativi.Propone ai genitori di non frequentare la scuola e di proseguire gli studi attraverso educazione parentale(homeschooling).
I genitori, pur riconoscendo l’intelligenza e la sensibilità del figlio, temono che una scelta alternativa possa isolarlo o compromettere il suo futuro.
Si rivolgono a un centro di mediazione umanistica, su suggerimento di un consulente familiare, per ritrovare dialogo e fiducia reciproca.
La mediazione è condotta da una mediatrice formata nei metodi della mediazione, in un contesto di giustizia riparativa familiare.L’obiettivo non è decidere “chi ha ragione”, ma ricostruire la relazione ferita dal conflitto, restituendo voce, emozioni e ascolto autentico alle parti.
2. Partecipanti
Mediatrice: Dott.ssa Laura B.
Anna (madre): 45 anni, insegnante di lettere.
Roberto (padre): 48 anni, tecnico informatico.
Tommaso (figlio): 14 anni, studente.
3. Fase di apertura
Mediatrice:“Vi ringrazio per essere qui. Lo spazio della mediazione serve a capire non solo cosa ognuno pensa, ma soprattutto cosa ognuno sente.Non cercheremo una soluzione immediata, ma proveremo a ricostruire insieme il filo della vostra relazione, che il conflitto ha un po’ spezzato.”
(Silenzio. Sguardi cauti tra i genitori e il figlio.)
4. Fase narrativa
Mediatrice:“Tommaso, ti va di raccontare cosa stai vivendo, con le tue parole?”
Tommaso:“Non ce la faccio più ad andare a scuola. Mi sembra inutile. Non imparo le cose che mi interessano, passo le giornate a ripetere esercizi e a essere giudicato. Mi sento… come se stessi sprecando il mio tempo. Vorrei studiare da casa, fare progetti, imparare da solo.”
Mediatrice:“Quindi per te non è solo un rifiuto, ma un bisogno di libertà e di autenticità.”
Tommaso:“Sì. Voglio imparare, ma a modo mio.”
Mediatrice:“Anna, Roberto, cosa avete sentito ascoltando Tommaso?”
Anna:“Mi ha colpito la parola ‘inutile’. Io amo la scuola, è la mia vita… ma mi fa male pensare che mio figlio la viva come una prigione.”
Roberto:“Io capisco quello che dice. A volte anch’io penso che la scuola non serva a capire davvero il mondo. Ma ho paura. Paura che si chiuda, che perda il contatto con i coetanei.”
Mediatrice:“Quindi da una parte c’è il desiderio di proteggerlo, dall’altra il desiderio di fidarsi della sua intuizione.”
(Tutti annuiscono. Si percepisce un sollievo nel sentirsi finalmente ascoltati senza giudizio.)
5. Fase esplorativa: le emozioni sottostanti
Mediatrice:“Proviamo ad andare un po’ più in profondità. Quando parlate di scuola, quali emozioni emergono?”
Tommaso:“Rabbia. E tristezza. Perché non mi sento capito. Mi sembra che i miei genitori vogliano solo che io faccia quello che fanno tutti.”
Anna:“Io sento paura. E anche colpa… come se stessi fallendo come madre. Ho sempre creduto che la scuola fosse il modo per dare sicurezza, e ora non so più cosa pensare.”
Roberto:“Io sento confusione. Mi trovo tra due mondi: quello in cui sono cresciuto e quello che Tommaso sogna. Forse mi spaventa la sua diversità, ma in fondo la ammiro.”
Mediatrice:“Mi sembra che stiate tutti esprimendo emozioni molto importanti: rabbia, paura, confusione, ma anche ammirazione e desiderio di fiducia. Queste emozioni sono il materiale vivo della vostra relazione. Il conflitto non è un fallimento, ma un modo in cui la vita vi chiede di trasformarvi insieme.”
(Silenzio denso. Lo sguardo di Tommaso si addolcisce. Anna lo tocca leggermente sulla mano.)
6. Fase trasformativa: riconoscimento reciproco
Mediatrice:“Se provassimo a guardare non solo cosa ciascuno vuole, ma cosa ciascuno cerca in profondità, cosa emergerebbe?”
Anna:“Io cerco di non perderlo. Di sapere che, anche se fa scelte diverse, restiamo in relazione.”
Roberto:“Io cerco equilibrio. Vorrei che potessimo esplorare questa idea senza scontrarci.”
Tommaso:“Io cerco fiducia. Non voglio fuggire da loro, voglio che credano in me.”
Mediatrice:“Mi sembra che in realtà cerchiate la stessa cosa: fiducia reciproca. Forse la decisione sulla scuola verrà dopo, ma ora potete cominciare da qui.”
(Si crea uno spazio di risonanza emotiva. Le parole smettono di essere argomentazioni e diventano scambi di presenza.)
7. Sintesi e chiusura
Mediatrice:“Oggi avete aperto un dialogo vero, in cui le emozioni hanno potuto essere nominate e condivise.Forse non avete ancora deciso cosa fare, ma avete iniziato a capire come stare insieme in questa scelta.Vi propongo di continuare questo percorso con un secondo incontro, dedicato a esplorare insieme i vostri valori educativi e le possibilità concrete di un progetto formativo che rispetti tutti.”
Anna:“Mi sento più serena. Non pensavo fosse possibile parlarne senza litigare.”
Tommaso:“Anch’io. Mi fa bene sapere che non devo scegliere tra la mia libertà e loro.”
8. Riflessione metodologica
Questa simulazione evidenzia come la mediazione in giustizia riparativa operi su livelli differenti rispetto alla negoziazione tradizionale:
Non mira a un accordo immediato, ma alla trasformazione della relazione.
Non lavora sugli interessi contrapposti, bensì sui bisogni di riconoscimento e fiducia.
Le emozioni non sono un ostacolo, ma il terreno fertile da cui può rinascere il dialogo.
La ricostruzione del legame diventa l’obiettivo primario, e la decisione finale (sul percorso scolastico) è solo una conseguenza naturale di un processo di riavvicinamento.
In questo senso, la mediazione familiare in chiave riparativa rappresenta una pratica educativa e trasformativa, in cui il conflitto non è eliminato ma trasformato in occasione di crescita condivisa.
Seconda sessione di mediazione in giustizia riparativa familiare
Verso una progettazione condivisa dell’educazione parentale
1. Premessa metodologica
Dopo la prima sessione, la famiglia ha sperimentato un primo livello di riconnessione emotiva.Tommaso si è sentito finalmente ascoltato; i genitori, più fiduciosi, hanno accettato di esplorare concretamente l’idea dell’educazione parentale, senza negare i propri timori.
Il compito della mediatrice, nella seconda fase, è quello di sostenere la traduzione del riconoscimento relazionale in un progetto condiviso, mantenendo il dialogo come spazio di cura reciproca.
L’approccio rimane centrato su tre principi:
autonomia nella decisione (nessuna pressione esterna),
coerenza con i valori di ciascuno,
cura della relazione come fine in sé, non solo come mezzo per decidere.
2. Inizio del secondo incontro
Mediatrice:“Nello scorso incontro avete riconosciuto paure, desideri e bisogni. Oggi vi propongo di guardare insieme il futuro: quali possibilità concrete immaginate, e cosa ognuno di voi avrebbe bisogno per sentirsi parte di questa scelta?”
(Clima più rilassato. Tutti siedono in cerchio, il tono è più confidente.)
3. Fase esplorativa: riemergono i bisogni
Anna:“Dopo l’incontro, ho letto alcune esperienze di homeschooling. Alcune mi sono sembrate ricche, ma mi spaventa l’idea di non riuscire a dargli una formazione completa. Io vorrei che Tommaso non perdesse la possibilità di scegliere in futuro.”
Mediatrice:“Quindi per te è importante che la libertà non si trasformi in chiusura. Ti serve una garanzia di apertura.”
Anna:“Sì, esatto.”
Roberto:“Io ho parlato con un amico che ha un figlio in educazione parentale. Dice che si può fare in modo strutturato, con tutor e corsi online. Mi piacerebbe capire se possiamo costruire un piano flessibile.”
Mediatrice:“Per te il bisogno è di equilibrio e concretezza. Vuoi un percorso che mantenga continuità e non sia improvvisato.”
Tommaso:“Io non voglio solo stare a casa. Vorrei studiare arte, elettronica, filosofia. Mi piacerebbe fare un laboratorio con altri ragazzi che non vanno a scuola. Ma non voglio più sentirmi obbligato a fare cose che non hanno senso per me.”
Mediatrice:“Quindi cerchi libertà, ma dentro una comunità. Hai bisogno di significato e appartenenza, non isolamento.”
(Tutti annuiscono. Si percepisce una convergenza di fondo.)
4. Fase di co-costruzione progettuale
Mediatrice:“Proviamo allora a immaginare un progetto che tenga insieme questi tre bisogni:
apertura e sicurezza (Anna),
equilibrio e struttura (Roberto),
libertà e senso (Tommaso).
Se non ci fosse paura, come vi piacerebbe che fosse?”
Anna:“Mi piacerebbe che Tommaso potesse seguire le sue passioni, ma con momenti di verifica e incontri con altri studenti.”
Roberto:“Potremmo contattare un’associazione di educazione parentale che offre tutoraggio e laboratori. Così non sarebbe solo responsabilità nostra.”
Tommaso:“Sì, e magari potrei presentare un piccolo progetto personale, tipo un blog dove racconto cosa imparo. Così loro vedono che non sto ‘scappando’ dalla scuola, ma che sto imparando davvero.”
Mediatrice:“Mi sembra che questa idea crei una rete di fiducia. Ciascuno contribuisce con ciò che può:
Anna porta il suo sguardo educativo,
Roberto costruisce il quadro organizzativo,
Tommaso diventa protagonista del suo apprendimento.In questo modo, la decisione non è contro qualcuno, ma a favore della relazione.”
5. Fase riflessiva e simbolica
Mediatrice:“Ogni scelta trasformativa ha bisogno di un segno, anche piccolo, che dica ‘abbiamo imparato qualcosa’.C’è un gesto o una parola che oggi vorreste lasciare come simbolo di questa fase del vostro percorso?”
Anna:“Io direi: fiducia coraggiosa.”
Roberto:“Io direi: cammino comune.”
Tommaso:“Io direi: libertà responsabile.”
Mediatrice:“Sono tre parole che possono diventare il motto del vostro progetto familiare. Le scriverò sul verbale simbolico della mediazione, come segno del vostro patto relazionale.”
(Silenzio condiviso. Tutti sorridono.)
6. Sintesi conclusiva e riflessione metodologica
Nella seconda sessione la famiglia è passata:
dal piano emotivo (riconoscimento del dolore e delle paure),
al piano riflessivo (comprensione dei bisogni e dei valori),
fino al piano progettuale (co-creazione di un percorso concreto condiviso).
Questo processo mostra come, nella giustizia riparativa familiare, la mediazione non si limiti a “gestire” il conflitto, ma attivi un processo di autopoiesi relazionale, in cui la famiglia si rigenera come sistema vivente.
Il conflitto diventa così motore di apprendimento affettivo e sociale, e la decisione finale non è un compromesso ma un accordo emergente dalla fiducia.
7. Epilogo (a tre mesi di distanza)
Un breve follow-up viene condotto dalla mediatrice.La famiglia ha avviato un progetto di educazione parentale ibrida, con momenti di studio autonomo, laboratori artistici e tutoraggio online.Tommaso ha ritrovato entusiasmo, e i genitori si sentono parte di un processo educativo più consapevole.
La mediatrice annota:
“La relazione non si è limitata a trovare un equilibrio; ha generato una forma di apprendimento condiviso.La giustizia riparativa si è manifestata come un processo di vita che si autopromuove: la relazione ha imparato a rigenerarsi.”



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