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Chi non è interessato dalla riforma del Terzo Settore?

Le fonti ufficiali relative alla riforma del Terzo Settore 2026 indicano chiaramente quali associazioni non sono coinvolte o escluse dalla riforma.


Dal 1° gennaio 2026, l’obbligo di aprire la partita IVA riguarda gli enti di tipo associativo che effettuano attività di prestazione di servizi o cessione di beni verso i propri associati.


Tuttavia, sono escluse da tali obblighi le associazioni che non svolgono alcuna attività rilevante ai fini IVA, ovvero quelle che hanno esclusivamente entrate non considerate corrispettivi, come:


Quote associative (senza prestazioni dirette in cambio)

• Erogazioni liberali e donazioni

• Contributi pubblici non specifici

• Incassi assimilabili ai punti precedenti


Queste associazioni possono continuare a operare senza partita IVA e restare escluse dai nuovi adempimenti fiscali legati alla riforma. Tali indicazioni sono contenute nel decreto legge e nella consultazione di enti come CSVnet Lombardia, che ha pubblicato dettagli e interpretazioni sul sito ufficiale Cantieri Terzo Settore.


In sintesi, la riforma coinvolge principalmente le associazioni che svolgono attività commerciali o rilevanti ai fini IVA, mentre restano escluse quelle con solo entrate da quote associative, donazioni, o contributi non corrispettivi, che continueranno a operare con il solo codice fiscale.


Questa esclusione è importante per la distinzione tra enti gestori di attività commerciali e associazioni prevalentemente di promozione sociale o culturale prive di rilevanza IVA.


Le associazioni non iscritte al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) e che non sono Enti del Terzo Settore (ETS) sono escluse dalla riforma del Terzo Settore 2026 con queste diciture e condizioni ufficiali:


  • Le associazioni che non rientrano tra gli ETS non possono più beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dall’articolo 148 del TUIR e saranno tassate secondo il regime ordinario per i proventi derivanti da attività verso i soci diversi dalle sole quote associative pure (quote annuali per far parte dell’associazione).


  • Sono escluse dall’obbligo di aprire partita IVA le associazioni che non svolgono attività rilevanti ai fini IVA, cioè quelle che hanno solo ed esclusivamente entrate da quote associative, erogazioni liberali (donazioni), contributi pubblici non a fronte di corrispettivo, e incassi assimilabili. Tali enti possono continuare a operare con solo codice fiscale senza essere assoggettate al nuovo regime previsto per gli ETS iscritti al RUNTS.


  • La riforma coinvolge specificamente ETS, APS, associazioni sportive dilettantistiche e altri enti iscritti al RUNTS, mentre associazioni “generiche” ex art. 148 del TUIR non iscritte al RUNTS sono escluse dal regime fiscale del Terzo Settore a partire dal 2026.


  • Gli articoli 8 e 14 del Decreto Legge 17 giugno 2025, n. 84, sottolineano che il nuovo regime fiscale riguarda gli enti del Terzo Settore e le imprese sociali iscritte al RUNTS, sancendo l’esclusione delle associazioni non iscritte da tale regime.


  • Le associazioni non ETS non possono applicare la disciplina del Codice del Terzo Settore, come previsto dall'articolo 4 del Codice del Terzo Settore stesso, che identifica gli ETS come enti iscritti nel RUNTS e che svolgono attività di interesse generale senza scopo di lucro. Non possono quindi beneficiare delle agevolazioni fiscali e normative previste per gli ETS.


  • Gli enti non iscritti al RUNTS non potranno partecipare all’assegnazione di risorse specifiche come il Fondo previsto dall’art. 9, comma 1, lett. g) della legge delega 106/2016, né godere di meccanismi di finanziamento come i titoli di solidarietà o la quota del 5 per mille, che sono riservati agli enti iscritti nel RUNTS.


  • Le associazioni non iscritte al RUNTS perdono lo status di ETS e di conseguenza tutte le agevolazioni fiscali e civilistiche ad esso collegate, devono adottare la fiscalità ordinaria come enti non commerciali (o commerciali se svolgono attività prevalente a pagamento), non possono usare denominazioni o sigle riservate agli ETS (come "APS"), e sono escluse da finanziamenti e bandi riservati agli ETS. Viene specificato anche il divieto di usare denominazioni che facciano riferimento al Terzo Settore se non iscritte al RUNTS.


  • Inoltre, gli enti non iscritti al RUNTS non sono soggetti ad alcuni obblighi previsti dal Codice del Terzo Settore come l’adeguamento statutario, la redazione di bilanci conformi, la pubblicità dei bilanci o del rendiconto, la redazione di bilancio sociale e la devoluzione obbligatoria del patrimonio, superando determinati limiti dimensionali.


In sintesi, la riforma esclude esplicitamente dalle agevolazioni e dallo status di ETS tutte le associazioni che non rientrano nella definizione di ETS e che non sono iscritte al RUNTS, usando diciture che evidenziano la perdita dei vantaggi fiscali, l’esclusione da finanziamenti specifici e l’impossibilità di utilizzare denominazioni e status normativi riservati agli ETS iscritti.


In conclusione, le associazioni non ETS e non iscritte al RUNTS sono esplicitamente escluse dalla riforma 2026 e continuano a operare secondo le regole fiscali ordinarie, senza beneficiare delle agevolazioni e obblighi previsti per gli ETS iscritti.

Questa esclusione è stata denominata nel contesto normativo come «associazioni non rientranti tra gli enti del Terzo Settore (ETS) iscritti al RUNTS» o «enti associativi non ETS».




Fonti


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Cantiere Terzo Settorecantiereterzosettore.it/la-cancellazio…La cancellazione dal RuntsIl procedimento I PRESUPPOSTI E IL PROCEDIMENTO DI CANCELLAZIONE DAL...


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IMPATTO TERZO SETTORE - Il lato legale dell'impegno socialelegaleterzosettore.it/associazioni-c…ASSOCIAZIONI CULTURALI E RUNTS: COSA CAMBIA ...Associazioni culturali e Terzo Settore: scopri cosa cambia con la riforma fiscale in arrivo nel 2026


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Revisione


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